Chi compie una passeggiata sul lungolago di Bardolino, Riva Cornicello, a circa metà tragitto trova il Monumento dedicato ai celebri ed amati Poeti Bardolinesi: Cesare, Gianfranco e Vittorio BETTELONI.
L’Opera bronzea è del concittadino scultore Albino LORO. La frase:“ qui posti ad evocar l’amore che il loro Benaco perennemente riflette in mesta dolcezza di serenante poesia “ è dell’ illustre latinista prof. Pier Luigi Laita, già chiarissimo insegnante presso il Liceo Classico Scipione Maffei di Verona. Mah !?! A guardar bene sul retro del basamento, opposto alla sopra indicata frase, si trova un’altra epigrafe che così recita: “ANDREA GRAZIANI n. a Bardolino il 15-07-1864 m. 02-1931 Al Generale Graziani intrepido condottiero che in guerra ed in pace alla Patria ed al fascismo donò l’intera su esistenza.I concittadini Nota importante: Un tempo lo stesso basamento sosteneva il busto bronzeo del Generale Andrea Graziani dai bardolinesi buttato nel lago nel dopoguerra della Prima Guerra Mondiale.Ora quel busto si trova in deposito nei magazzini comunali.Si vede proprio che il marmo costava molto di più della mano d’opera ed è rimasta così una traccia di storia che uno scalpellino non ha distrutto. Sono state riportate nel nostro sito, alcune noterelle che potranno far conoscere le gesta positive e/o negative o comunque controverse del nostro Concittadino Generale Andrea Graziani. Ogni lettore potrà approfondire e farsene una propria idea. Noi dobbiamo scendere nel tempo e nel momento della violenza e della crudeltà della guerra.E’ triste dirlo ma è… così…
Dal libro le Penne Nere Veronesi: per non dimenticare la nostra Storia Aiutante di Battaglione ZANOLLI Natale da Bardolino del 6° reggimento Alpini Medaglia di Bronzo al Valor Militare“ Trovandosi in appostamento isolato con la propria squadra sotto violento fuoco nemico, con l’esempio e con la parola mantenne elevato il morale dei propri dipendenti che seppero così resistere all’attacco dell’avversario”.Coni Zugna 25 maggio 1916 Medaglia d’Argento al Valor Militare “ Unico primo di pattuglia per l’attaccoi di posizioni nemiche in una zona scoperta sotto il fuoco della fucileria nemica, saliva fino a pochi metri delle trincee avversarie. Ferito al fianco continuava ad avanzare non rientradno al reparto che per ultimo e solamente per aver ricevuto l’ordine”.Monte Roite,19 ottobre 1916 Medaglia d’Argento al Valor Militare “ Durante un aspro combattimento per la conquista di una contrastata e forte posizione nemica, caduto il Comandante del suo battaglione, assumeva il comando del reparto stesso e, dando mirabile esempio di calma e coraggio ai suoi dipendenti, persistette nell’attacco con tenacia e slancio sino al raggiungimento degli obiettivi assegnatigli”.Monte Ortigara 10 giugno 1917 Non sono Medaglie alla memoria ed ha avuto la fortuna di portare a casa la birba… Ci permettiamo di ricordare che i luoghi di guerra dove egli combattè sono stati tra i più decisivi e sanguinosi della Prima Guerra Mondiale e dove purtroppo si spensero tante giovinezze.
Domenico Zeni, detto “ il Pittorello”nasce a Bardolino nel 1762 e muore a Brescia nel 1819.E' discepolo di Giambettino Cignaroli. Notevole è la sua capacità ritrattistica nel saper attenersi con fedeltà ai tratti della fisionomia del personaggio. Da Bardolino, Domenico si trasferisce a Riva del Garda, territorio appartenente al Principato Vescovile di Trento e si dedica in modo particolare alla decorazione degli edifici sacri delle Valli Giudicarie e Rovereto. A Pinzolo nel 1770 decora con affreschi la Chiesa Parrocchiale di San Lorenzo. E’ inoltre molto attivo anche nel bresciano tra il 1780 ed il 1811. Le sue opere, di pregevole fattura, sono sparse anche tra ville e palazzi ove si dimostra con un tratto spedito per una colorazione sempre efficace. Nella Chiesa di Magasa dipinge la Madonna del Rosario. Quest’opera è , per la maestria dell’ambientazione e la pennellata del colore, da considerarsi una fra le maggiori dell’artista bardolinese. Nel 1764 dipinge “San Pietro” sulla facciata della Chiesetta di San Pietro sotto la Rocca. Sue opere si trovano: Nella Chiesa di San Bartolomeo a Vesio di Tremosine, nella Chiesa di Megasa, nella Chiesa di San Lorenzo a Pinzolo, nel Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum di Innsbruck (1793). Nel Castello del Buon Consiglio a Trento gli è stata riservata una stanza di esposizione...
Il Consiglio Nazionale dei Paesi Cechi (in esilio a Parigi in Rue Bonaparte 18), presieduto da Benes, Stefanik (ufficiale boemo dell'Esercito Francese) e Osuky e dipendente dal Comitato Cecoslovacco all'estero di Londra del 1915 di Masarik, decide nel settembre 1917 di proporre al Governo Italiano la costituzione di unità cobelligeranti, da trarre dai numerosi prigionieri e disertori austro - ungarici - di nazionalità cecoslovacca - riuniti nei Campi di Concentramento italiani di S. Maria Capua Vetere (CE), Certosa di Padule (SA) e Fonte d'Amore di Sulmona. Verso la fine del 1917 il progetto viene accolto. Con i prigionieri si costituisce il "Corpo Volontario Cecoslovacco" . L' 11 aprile 1918 il Governo Italiano incarica il Generale Andrea Graziani di procedere alla sua organizzazione in previsione di un rapido impiego in battaglia. L'Umbria viene scelta come zona di raduno e di costituzione . Nel giro di poco tempo il Generale Graziani - stabilito il suo Comando nel Palazzo Candiotti di Foligno - fa germogliare quello che sarà poi il nucleo originario del futuro Esercito Cecoslovacco.....Parteciperanno alla Battaglia del Solstizio del Piave,(maggio 1918) e dell'Isonzo ...nota: La tortuosa strada di montagna denominata "Strada Graziani" che si sviluppa da Spiazzi-Cavallo di Novezza e pendici del Monte Altissimo è stata costruita anche con la collaborazione delle truppe cecoslovacche.
Dalla Rivista vita Veronese anno 17° aprile maggio 1964 RACCONTO DI UN FATTO NON CONOSCIUTO IL GENERALE ANDREA GRAZIANI Intrepido Soldato e Comandante esperto e risoluto, Il Generale Graziani fu senza dubbio l’Uomo delle situazioni di emergenza. Capo di Stato Maggiore del Comando Piazza Verona (poi I^ Armata) all’inizio della prima Guerra Mondiale, molto contribuì a vincere le perplessità di quel Comando sulla necessità di spingere i nostri battaglioni verso il solco Loppio-Mori e la Val Terragnolo per dare maggiore respiro al nostro dispositivo difensivo a cavallo del Forte Coni Zugna e della Zugna Torta, conquistati fin dal primo giorno di guerra da due Compagnie del “Verona” agli ordini del Tenente Colonnello Umberto Zamboni. Un opuscoletto dell’Ufficio Informazioni del nostro Comando Supremo dava quel Forte presidiato da oltre 300 uomini con alcune batterie di piccolo e medio calibro e protetto da una profonda fascia di reticolati percorsi da corrente elettrica, ma il Generale Graziani non vi prestò fede, tanto che alla sua occupazione vi destinò, come si è detto, due sole Compagnie. Le quali, infatti, non vi trovarono che un centinaio di uomini, per giunta territoriali, al comando di un vecchio Maresciallo dai lunghi baffi a manubrio, che all’intimazione di resa rispose in dialetto roveretano: “ Me spiase ma i me gà dito de no arenderse se non per ordine de l’Imperator!”. Dotato di coraggio a tutta prova, il Generale Graziani pagò sempre di persona, non esitando ad uscire vestito da semplice Fante dalle nostre linee per accertarsi, rientrando attraverso alti punti, che il servizio di vigilanza funzionasse a dovere. Una volta, anzi,presentatosi al varco del Forte Matassone (Vallarsa) ,vigilato da una squadra di Alpini, si sentì chiedere.” Ehi,vecio,sito volontario ?”. E alla sua risposta affermativa un Alpino gli gridò .”Bravo chula!”.Inutile dire che Graziani si divertì un mondo. Più tardi assunse il Comando della 44^ Divisione di Fanteria, cui aveva tanto anelato soprattutto perché la sapeva impegnata nella difesa dell’imponente e tormentato Settore Agno-Posina, comprendente l’aspro e conteso Monte Pasubio. Sua quotidiana preoccupazione – condivisa del resto dall’eroico Generale Achille Papa, Comandante del Settore fu quella di assicurarsi il possesso del Dente Austriaco, chiave di volta del Pasubio e vespaio di cannoni e mitragliatrici in caverna. Più volte i Battaglioni Monte Suello, Aosta, Cervino e altri ancora vi cozzavano contro, ma soprattutto il Monte Berico, dando luogo alla canzone :” Il Generale Graziani, fregandosi le mani, Monte Berico Buona Gente, pigliatemi quel Dente”. Ma il grifagno roccione, pericolosa spina nel cuore del nostro schieramento difensivo, venne infinite volte conquistato, è vero,ma altrettante volte perduto e sempre con gravi sacrifici di vite umane, tanto da divenire l’incubo dei Battaglioni che a turno si erano cimentati. Assistemmo così ad un episodio che merita essere ricordato. Nelle prime ore dell’ 8 ottobre 1916, il Monte Berico,da pochi giorni ritirato dalle prime linee, ricevette l’ordine di interrompere il meritato quanto necessario riposo per ritentare la conquista del famoso Dente. La prospettiva era tutt’altro che allegra, sicché nel pomeriggio dello stesso giorno, mentre il Battaglione,raggiunti i rovesci del Pasubio, ultimava i preparativi per l’azione dell’indomani, qualcuno vedendo salire dal fondo valle dei banchi di nebbia che potevano lasciar sperare in un rinvio dell’operazione, ebbe la malaugurata idea di scrivere col carbone sulla facciata di una baracheta la frase : “ Viva la nebbia””. Il Comandante del battaglione, Maggiore Vittorio Emanuele Rossi,che non era certo uomo da tener nascosto un fatto del genere, ne informò immediatamente il Generale Graziani, che salì infuriatissimo sul Pasubio da Valli dei Signori per far giustizia. Ma era più facil vender rosari all’inferno o pettini ai calvi che scoprire il colpevole, sicché dopo vari tentativi, il Generale trasse dai ranghi del battaglione – schierato in una radura – dieci Alpini, uno dei quali, estratto a sorte avrebbe dovuto pagare per tutti con la fucilazione. Accadde però che i dieci sfortunati e lo stesso Comandante del Battaglione si ribellarono : “ Tuti colpevoli – gridarono – a tutti la medesima sorte:domani tutti di pattuglia”. Lo scatto meraviglioso rese perplessa la giustizia e il Generale Graziani commosso, chiese ed ottenne il giuramento da parte dell’intero Battaglione. Mai giuramento fu forse più schietto ed assoluto. All’indomani mattina il Berico attaccò, conquistò il Dente tra lo stupore e l’ammirazione generali. Altissimo come era da prevedersi, l’olocausto: quasi duecento morti tra i quali i dieci della decimazione e innumerevoli feriti, tra cui lo stesso Comandante del battaglione, Maggiore Rossi. Uomo come si è già detto particolarmente indicato per affrontare e risolvere situazioni di emergenza. Il Generale Graziani venne inviato, durante la ritirata di Caporetto, dove maggiormente necessitava il pugno di ferro. Ed anche in cotesto gravissimo frangente Egli non solo non smentì la sua fama, ma anzi l’accrebbe, specialmente a Conegliano dove – pistola alla mano coadiuvato da un Tenente Colonnello dei Carabinieri - fermò migliaia e migliaia di sbandati d’ogni arma e li riordinò in Reparti di formazioni rinviandoli sul Tagliamento tra Casarsa e Spilimbergo. Ai primi del mese di dicembre 1917 cioè subito dopo Caporetto, fattasi allarmante la situazione sull’Altopiano di Asiago, il nostro Eroe, sempre pronto ai più difficili compiti, venne destinato in Valstagna per assumere il Comando degli Sbarramenti di Val Brenta. Provvedimento, come vedremo, indovinatissimo, anzi, provvidenziale che valse a scongiurare una catastrofe. Da giorni, infatti, gli Austriaci calati dall’Ortigara,premevano con sempre maggiori forze contro le nostre difese delle Melette, Monte Fior, Monte Castelgomberto, Monte Tonderecar,Monte Badenecche ultimo traguardo oltre il quale si poteva ancora contare di impedire che l’avversario guadagnasse la Val Brenta e la piana Vicentina, con le conseguenze facilmente immaginabili. Alle prime luci dell’alba del 4 dicembre gli Austriaci investirono allora detta linea con violentissimo bombardamento che protrassero fino alle ore 10, provocando ingenti perdite nelle nostre file. Seguì un tragico silenzio, dopo il quale le fanterie nemiche scattarono all’attacco. Primo a cedere al tremendo urto fu il Badenecche, tanto bravamente tenuto fino allora dal 6° Reggimento Bersaglieri. L’Ombra di Caporetto si profilava in tutta la sua tragica realtà, ma per fortuna era giunto nella notte di rincalzo ai Bersaglieri il Monte Berico al comando del valoroso Capitano Giuseppe Reina il quale, non appena accortosi del cedimento, sferrò un rabbioso contrattacco che sboccò ben presto in un sanguinosissimo corpo a corpo. La situazione fu ristabilita e liberati furono molti Bersaglieri caduti poco prima prigionieri dell’avversario. Ufficali Alpini del Berico gareggiavano in ardimento; menzioniamo tra i tanti egualmente degni il Tenente veronese Arnaldo Cacciatori,caduto alla testa della sua Compagnia: i Sottotenenti Burzio,Avanzi e Zigiotti; i caporali Antoniuzzi e Zanardelli, gli Alpini Dal Maso,Ferrari,Giretti,Palat,Pernigotto,Rossato e Torresan e cento e cento altri che in quell’aspra battaglia diedero la loro grande offerta alla Patria. E sentiamo il dovere di ricordare, tra i numerosi feriti il Capitano Reina, già gravemente ferito al Cimone, il Tenente Ugo Puliti che era alla sua terza gloriosa ferita; il Tenente Zaniboni e il Sottotenente Gerolamo Tescari. Nel pomeriggio dello stesso giorno, purtroppo, anche la difesa del Tonderecar, sommersa da un uragano di fuoco, cedette, consentendo agli Austriaci d’iniziare l’aggiramento di Monte Fior, Castelgomberto e dello stesso Badenecche. Il nemico rimbaldanzito,tornò allora all’attacco delle posizioni del Berico, ma l’eroico Battaglione, rinforzato nel frattempo da elementi del Bassano e del Vicenza, gli tenne bravamente testa fino al pomeriggio del successivo giorno 5, fino a quando cioè il Maggiore De Cia , Veterano dell’Altopiano di Asiago e che aveva assunto il Comando dei reparti isolati del Badenecche, non si vide costretto ad ordinare il ripiegamento su Valstagna per Val Capra e Val Vecchia, già raggiunte dalle punte avversarie irrompenti dal Tonderecar. Il momento era gravissimo; la Colonna De Cia dovette aprirsi le vie con le armi, dando luogo ad ulteriori episodi di fulgido valore e grande abnegazione tra cui è doveroso segnalare il gesto del Cap.Magg. bresciano Giuseppe Colosio, che si portò alle spalle dalle Badenecche alla Val Vecchia,incurante delle pallottole che gli fischiavano intorno. Il tenente Gerolamo Tescari fu gravemente ferito alla gambe. Tutto sembrava inesorabilmente perduto, ma ecco compiersi il miracolo,: ecco intervenire l’Uomo delle situazioni disperate,l’eroico Generale Graziani. Il quale giunto allora allora a Valstagna ed apprese le prime incerte notizie della pericolosissima falla, salì come un bolide per la Val Vecchia accompagnata da un’altra anima di fuoco il famoso Colonnello Celestino Bos che da poco tempo aveva assunto il Comando del X° Gruppo Alpini. All’altezza della Madonnina della Val Vecchia, dove la rotabile si apre a fatica il passo fra gli opposti dirupi del Cormone e di Croce San Francesco, Graziani incontrò i primi reparti in ritirata e li fermò. Eretto sulla macchina, quasi a sfidare le pallottole che gli sibilavano intorno ordinò che i tre trombettieri a portata di mano suonassero ripetutamente l’attenti. Tutti si fermarono attenti, come in attesa di ordini, che non tardarono a venire.” Fate dietro front – gridò con un megafono il Generale Graziani – inchiodate il nemico, qui si salva la Patria!”.La voce si propagò in un battibaleno lungo l’intero fronte,dalla Val Vecchia alla Val Franzela, e la Patria fu salva. Si fermarono e fecero dietro front e combatterono perfino i feriti leggeri e un reparto di “ territoriali” muniti solo di piccoli badili che servirono ad abbozzare la nuova linea. Dalla quale nuova linea il baldanzoso avversario, che contava di aver ormai partita vinta e di poter invadere la pianura vicentina, prendendo alle spalle lo stesso Monte Grappa, non passò né allora né mai; anzi, da lì ripartì dieci mesi più tardi per la fuga. Lo smagliante capitolo ora narrato è purtroppo ignorato dai più, soprattutto perché nessuna pubblicazione ufficiale od ufficiosa ne ha mai parlato; ma possiamo ben dire che è proprio alla sua luce che devono essere valutati l’alta figura del prode Generale Andrea Graziani e l’eccezionale contributo da Lui dato alla prima, vittoriosa, Guerra Mondiale.
IL GENERALE ANDREA GRAZIANI
Opera in bronzo dello scultore Bardolinese Albino Loro
Conferenza commemorativa tenuta al “ Circolo di Roma” il 19-12-1931 - X dal Ten.Col. Giulio Cesare Gotti Porcinari Non vi è maggiore onore, maggiore gioia per un soldato che quella di parlare di un suo Capo, che valoroso in guerra, dimostrò anche nei periodi di pace la sua multiforme sagace filantropica attività. Eccomi perché all’invito rivoltomi di rievocare la figura del prode Generale Graziani, io vi ho aderito col più grande entusiasmo. Dirò del Generale Graziani quello che appresi da Lui, quello che ho visto e parlerò da soldato abituato alla sua scuola senza nulla nascondere e diminuire. Il Generale Andrea Graziani nacque a Bardolino da antica e nobile famiglia veronese il 15 luglio 1864.
Dal 20 marzo 1881, epoca in cui venne ammesso, quale allievo alla Scuola Militare, la sua carriera si svolse rapida, in una ascesa luminosa di attività e di segnalati servizi. Fu in Eritrea nel 1883 col III° Battaglione d’Africa(Ten.Colonnello De Cristofori). Fu insegnante di logistica alla Scuola di Guerra. Fu promosso Tenente Colonnello di Stato Maggiore, a scelta eccezionale, il 1° luglio 1909. Il 5 aprile 1914 era nominato Comandante del valoroso II° Reggimento Bersaglieri. Di poi sempre cariche più importanti assolse nello Stato Maggiore finché il 09 settembre 1915, era promosso al grado di Maggiore Generale. Il 30 gennaio 1919 era collocato a riposo. Il 1° gennaio 1927 era nominato Generale di Corpo d’Armata. S.E. Mussolini, in riconoscimento dei suoi alti meriti verso la Patria e il Fascismo, lo nominò luogotenente Generale nella M.V.S. N. affidandogli il Comando della IV^ Zona (Verona-Alto Adige).
Il Generale Graziani rifulse sempre per la sua fervida intelligenza e per la sua attività rispondente ad uno spirito eminentemente pratico. Tempra eccellente di soldato e di italiano, fu tra i volontari allorché si costituì il Corpo di occupazione della Colonia Eritrea. Il 06 giugno 1906 in Treviso esponeva la vita nel tentare di fermare un cavallo che, attaccato ad una vettura, si era dato in precipitosa fuga con pericolo per i passanti. Il mattino del 28 dicembre 1908 in Messina, funzionando da Capo di Stato Maggiore di quella Divisione Militare, scampato miracolosamente alla rovina del terremoto che aveva distrutto la bella città, si distinse nel richiedere ed organizzare i soccorsi prestando opera instancabile con abnegazione e fermezza. Il Maggiore Graziani nella zona terremotata si dimostrò impareggiabile per intelligente attività. La costruzione dei baraccamenti e lo sgombero delle macerie ebbero sviluppo e vivace impulso ed il Graziani, apprezzato per la sua filantropica opera dal Governo e dalla popolazione, ebbe conferita dal Consiglio Comunale di Messina, nella sua prima riunione, dopo l’immane catastrofe, la cittadinanza onoraria. Fu promosso Tenente Colonnello di S.M. a scelta, per meriti eccezionali e gli fu concessa la medaglia d’oro di benemerenza (ne furono distribuite soltanto quattro). Nell’agosto del 1914 la dichiarazione della Grande Guerra Europea trova il Colonnello Graziani al Comando del II° Reggimento Bersaglieri in Napoli. In quel giorno, ricordo, Egli tenne un gran rapporto al Reggimento nel quale espresse la sua precisa e profonda convinzione che l’Italia sarebbe stata presto chiamata a partecipare al conflitto e da quel giorno volle, a scopo di addestramento, che la spiaggia della Campania, Napoli compresa, fosse considerata esposta a colpi di mano di flotte nemiche. Da quel momento infatti,con volontà ferrea, il Colonnello trasfuse nei suoi Bersaglieri lo stato d’animo di guerra ed iniziò intensa la preparazione tecnica, morale e fisica del Reggimento con criteri positivi e pratici che ebbero poi completa conferma negli eventi di primavera e nei tre successivi anni di lotta. Il glorioso II° Bersaglieri, appena reduce dalla Libia, rispose in modo meraviglioso per abnegazione, capacità e resistenza. Tutti idolatravano il Colonnello e ne apprezzavano le elette qualità di ingegno, d’iniziativa e di cuore. Trasferitosi il Reggimento ad Ancona – fine ottobre 1914 – e sopraggiunto il 10 gennaio 1915 il terremoto della Marsica, il Colonnello Graziani, cui fu affidato col suo Reggimento il settore orientale di Avezzano (12 paesi), riconfermò la sua capacità di organizzatore nell’opera di salvataggio e ricostruzione. Con un miracolo di attività, che a molti parve incredibile, ma non a S.M. il Re che frequentemente nel rigore delle nevi e delle tormente percorreva la Marsica, in 45 giorni soltanto poté presentare i 12 paesi della zona completamente baraccati con forni e botteghe ricostruite, così che il I° marzo la popolazione usciva con gli aratri a preparare il terreno di semina ed i Bersaglieri del II° rientravano in Ancona per riprendere 20 giorni dopo la loro missione. Quella di raggiungere il Friuli, ad oriente di Nimis ed Attimis, la frontiera, di dove poi compirono il balzo su Tolmino. Lasciato il Reggimento alla fine di aprile 1915, rientrò nel Corpo di Stato Maggiore. Il 07 ottobre 1915 una Divisione attacca delle fortificazioni sugli Altipiani davanti a Folgaria e Serrada fra L’Astico ed il lago Terragnolo. Il Graziani era già stato promosso Generale di Brigata e nominato Capo di S.M. della 1^ Armata, ma aveva ottenuto di poter continuare per pochi giorni per coadiuvare il suo Generale Comandante di Corpo d’Armata e partecipare così di persona a quelle importantissime operazioni. Mentre presso una batteria di montagna si apprestava ad inviare l’ordine per l’avanzata di una brigata di riserva a Monte Coston, una pallottola di shrapnel lo colpisce all’articolazione della gamba destra e lo immobilizza. Non per questo Egli desiste dal dirigere il proseguimento dell’azione, inquantoché, fattosi trasportare là dove è la brigata di riserva,ordina al comandante di avanzare coi suoi Reggimenti a Bocca Vall’ Orsara e completare la vittoria. Una medaglia d’argento al valor militare veniva a premiare il suo intelligente eroismo con la seguente motivazione:” Incaricato in varie riprese, d’ispezionare il fronte del Corpo d’Armata, presso il cui Comando era Capo di S.M., esplicò il suo compito con attività ed ardimento, esponendosi sempre con disprezzo del pericolo al fuoco nemico e dove più ferveva la lotta. In una speciale circostanza, guidò all’assalto, con energia ed entusiasmo due battaglioni, che in attesa degli ordini, non si sarebbero giovati degli effetti conseguiti dalla nostra artiglieria, e fu l’anima del combattimento. Ferito alla gamba destra, si fasciò alla meglio, e dopo aver mandato avviso al Colonnello,che doveva dirigere l’azione in quel punto,si ritirò presso il Comandante del Corpo d’Armata, per riferirgli tutto quello che aveva personalmente constatato”.In gennaio pur pernottando all’ospedale, e non completamente guarito, compie ricognizioni in automobile nei punti più accessibili alla fronte; così in automobile un giorno raggiunse Marco in Val d’Adige e portato dai soldati su una seggiola studia il terreno per l’attacco di Castel Dante, attacco che le truppe eseguono vittoriosamente nei giorni successivi. Nel febbraio e nella prima quindicina di marzo compie altre ricognizioni specialmente in Valsugana dove era in corso una nostra offensiva per l’occupazione di posizione avanzate verso Monte Panarotta. Il 20 marzo in Fonzaso assume il comando della brigata Jonio allora giunta dai centri di mobilitazione della Calabria e della Sicilia. Nell’aprile la brigata entra in linea a Nord di Borgo Valsugana, con lavori rafforza le posizioni in Val Maggio di Torcegno e Campestrin, occupa la posizione avanzata di Monte Collo (quota 1600) di fronte al Monte Panarotta. Il Generale intende così arrestare il nemico e batterlo sulle posizioni avanzate cioè da Monte Collo a S. Anna ( sono 4 o 5 ore di marcia davanti alla linea principale di Val Maggio-Borgo Torcegno). Dal 16 al 20 maggio reiterati attacchi nemici contro Monte Collo sono tutti respinti con gravi perdite; ed i prigionieri superano i quattrocento. All’ordine di ripiegare su Torcegno, perché il nemico ha sfondato nel settore Sud della Valsugana e sull’Altipiano di Sette Comuni,( Ortigara) il Generale risponde, ordinando di sua iniziativa un contrattacco appoggiato da gruppi di artiglieria di montagna e compie la ritirata prima fino a Torcegno e poi sul torrente Maso senza perdere né gregari né materiali. Contrattacca anzi il nemico che avanza per Val di Maggio e sul versante degli altipiani dei Sette Comuni. In seguito ai reiterati perentori ordini di ritirata dalla linea del torrente Maso alla conca di Castel Tesino, il Generale li esegue solo per un determinato tratto, poscia, di sua iniziativa, avanza nuovamente contrattaccando sulla linea delle alture di Spera-Samone e Prima Lunetta; infligge gravi perdite al nemico e resta padrone della situazione. Nei primi giorni del giugno 1916 sono messi a sua disposizione i battaglioni alpini del Gruppo Comandato allora dal Ten. Col.Ragni, dislocati a M.Salubio, a cima d’Asta e prima Lunetta. Un attacco contro Prima Lunetta e Cima d’Asta è ributtato. Anche la brigata Jonio contrattacca fra le località di Spera e Cristo. I reparti ungheresi sono respinti e lasciano molti prigionieri. Il Generale Graziani guadagna ancora terreno. Il 10 maggio il generale Graziani fa eseguire un altro attacco dalla Brigata Jonio fra Spera e Strigno e sconfigge il nemico che da quel giorno rinunciava per sempre all’offensiva nel settore della Valsugana. La motivazione dell’ Ordine Militare di Savoia concessa al generale Graziani per questi brillanti combattimenti dice infatti .” Valsugana 18 aprile, 26 maggio 1916; M.Collo-Bieno-M.Cima,- Comandante di una avanzata linea di difesa,resisteva a ripetuti violenti attacchi con coraggio e perizia; nonché cedere terreno,contrattaccava ripetutamente infliggendo all’avversario notevoli perdite e prendendogli più di 400 prigionieri. “ (M.Collo,15-20 maggio 1916) Con tutta la brigata proteggeva poi il ripiegamento delle altre truppe della divisione (22 maggio 1916). Occupata in seguito e sistemata speditamente a difesa altra postazione avanzata sul fronte della Divisione stessa,manteneva contegno aggressivo che garantiva sempre meglio la sua occupazione (25 maggio 1916). Con sollecite e opportune disposizioni regolava il contrattacco di un gruppo di battaglioni alpini e, proteggendone il fianco con le proprie truppe, cooperava all’ottimo esito dell’operazione. (26 maggio 1916). Dalla ValsuganA l’eroico Generale è chiamato ad assumere il Comando della 44^ Divisione del settore Pasubio-Vallarsa. Per la sua coraggiosa intelligente attività e iniziativa,la Valsugana dal Civaron al torrente Maso, rimase in nostro sicuro possesso. Leggendarie sono anche le gesta dell 44^ Divisione che tenne saldamente il Pasubio resistendo indomita ai violenti e reiterati attacchi nemici. L’aggressività della 44^ Divisione, sotto il Comando dell’ intrepido Graziani, era singolarmente temuta dagli austriaci e la motivazione della Medaglia d’Argento concessagli conferma l’eroismo di questo grande Comandante. “ Per dirigere efficacemente le operazioni affidate alla Divisione da Lui comandata, si portava sovente in prima linea, rimanendo calmo e sprezzante del pericolo,sotto il tiro nemico: fulgido esempio ai suoi dipendenti di virtù e valore militare”. Dalla 44^ Divisione passato al comando della 33^, manteneva l’occupazione di uno dei più tormentati settori carsici, il prode Generale, nella motivazione di un’altra medaglia d’argento al valore militare che si aggiungeva alle altre, rifulse pe lo spirito entusiasta di patriota e di soldato.La motivazione infatti dice: “ Durante una vittoriosa offensiva sul Carso , dava in quattro giorni di accanita battaglia fulgido esempio di valore personale alle sue truppe, dividendo con esse, fino alle linee più avanzate, le fatiche ed i pericoli della lotta”. Altro evento memorabile di guerra ricorda l’opera attiva ,intelligente ed energica del Generale Graziani, e subito è bene sfatare ancora una volta la odiosa ed ingiuriosa leggenda che malvagiamente i disfattisti e i traditori di ogni Patria vollero creare attorno alla bella figura del valoroso Generale. Il 2 novembre 1917 al Generale Graziani venne affidato l’incarico di curare la disciplina del movimento ferroviario e per la via ordinaria dei Reparti della 2^ Armata che, eventi di guerra, ripiegava sotto la pressione del nemico. Il Generale Graziani doveva inoltre provvedere a quanto di urgente occorresse disporre per le popolazioni. Era in giuoco la salvezza dell’Italia, perché le truppe che ancora combattevano per arginare il nemico dal mare alla Brenta dovevano non solo non essere intralciate nei loro movimenti, ma anche ricevere i rifornimenti necessari. La designazione del generale Graziani non poteva essere migliore per meritata fama d’illuminata attività ed energia che davano certezza di poter condurre brillantemente una missione tanto ardua. Ed il Generale Graziani la compì infatti senza alcun bisogno di reparti di truppe, di mezzi speciali od altro. Agì coadiuvato soltanto da pochi ufficiali e da reparti di cavalleria e carabinieri. Era il suo nome che figurava nelle migliaia di manifesti fatti affiggere in ogni luogo, era l’apparire della sua persona che rincuorava le truppe le quali marzialmente sfilavano a Lui dinnanzi. Le popolazioni che da Lui ricevevano ordini, suggerimenti ed aiuti, tutti sempre con illuminata e paterna bontà, gli obbedivano fiduciose. Le truppe ben sapevano che dove era il Generale Graziani era la disciplina e l’ordine assoluto;il combattimento, la vittoria. False, assolutamente false furono le favole che i giornali sovversivi nel dopo guerra si sbizzarrirono a pubblicare su di Lui. Gli attacchi del nemico martellavano la contesa Val Brenta ed in quel punto, particolarmente sensibile della nostra fronte, venne posto a sbarrarvi il passo il I° raggruppamento Alpino al comando del prode Generale Graziani. Nei primi di marzo del 1918 era chiamato al Comando Supremo e poscia a Roma per reclutare, organizzare e poi comandare quello che fu il Corpo Cecoslovacco in Italia.L’ORGANIZZAZIONE ED IL COMANDANTE DEL CORPO CECOSLOVACCO IN ITALIANon mi dilungherò col racconto delle trattative preliminari per la costituzione di un corpo d’esercito Cecoslovacco da formarsi in Italia con i prigionieri di nazionalità Boema,Morava,Slesiana,Slovacca. Molto dovrei raccontare. Dirò soltanto che per reclutare, costituire e comandare questa grande unità, occorreva un uomo che oltre a speciali requisiti accoppiasse abilità organizzatrici e di comandante di ordine superiore; fosse capace,col suo ascendente, di superare le più remote ed ascose diffidenze di uomini lontani da anni dalla loro Patria e dai loro affetti, completamente all’oscuro delle vicende del loro paese di cui non conoscevano che quel poco che affiorava di tanto in tanto sugli articoli dei giornali, che era loro possibile leggere; ed avesse infine goduto della completa fiducia dei membri del Consiglio Nazionale fri Paesi Cecoslovacchi. Le Autorità militari furono pertanto concordi nel designare il Generale Graziani ed Egli,verso la fine del mese di marzo, ottenuto di avvalersi di due suoi fidati e provati Ufficiali , cominciò subito ad agevolare e completare quanto l’allora Col.M.R. Stefanik aveva iniziato in Italia con S.E. Orlando, fiancheggiato dal Comitato Italo-Ceco,già costituito sotto la Presidenza di S.E. il Principe di Scalea e da uomini attivi come Enrico Scodnik,Franco Spada,Ugo Dadone,Giovanni Pedace oltre a numerosissimi parlamentari. Cominciò nell’aprile il giro nei campi di concentramento dei prigionieri accompagnato da inviati del Consiglio Nazionale. Il Generale Graziani ed i suoi Ufficiali avevano ben compreso lo spirito della loro missione ed i postulati della causa Ceca. Non era sufficiente compiere gli arruolamenti, ma si rendeva necessario avvicinare fra loro i legionari, infiammandone i cuori ed il sacrificio estremo per raggiungere l’indipendenza della Patria e guidarli ad eroiche e grandi azioni per immortalarli nella Storia. Egli, conscio della necessità della ricostituzione della Patria Ceca, ne fece la sua causa, con tutto il cuore ardente, con tutto il suo puro e grande amore, con la sua anima devota soltanto agli ideali elevati. La Patria Cecoslovacca non poteva avere un Apostolo più efficace e più fervido del Generale Graziani. Il reclutamento dei suoi legionari parve far rivivere l’epopea garibaldina per l’entusiasmo, l’attaccamento alla sua persona e la fiducia che seppe sempre ispirare. I soldati della rinnovata Patria, ancora gemente ed oppressa nel servaggio, affluivano compatti ad iscriversi nelle liste di reclutamento. Pochi ordini, ed il Generale Graziani li faceva subito uscire dai campi di concentramento prigionieri. In testa ad essi si recava a presentarsi alle Autorità cittadine e ad esse, ed al popolo, con infuocati discorsi perorava l’aspirazione dei suoi soldati che da quel giorno non erano più degli ignoti o dei numeri nei ruoli dell’esercito austriaco, ma soldati volontari di un nuovo esercito, di una Patria di cui l’Italia riconosceva solennemente l’esistenza e ne curava le forti Legioni, stabilendo così un nuovo principio nel diritto delle genti, quello di affermarsi e di operare lontano dalla Patria ancora partecipante alla vita di un altro Stato. Fu l’Italia che, con il Corpo di esercito dei Legionari Cecoslovacchi costituito in pochi giorni con il Generale Graziani, troncò gli indugi nei Gabinetti Politici di Parigi e Londra ancora indecisi a risolvere la causa della Patria Ceca. La costituzione del Corpo Cecoslovacco in Italia- una divisione di fanteria su 5 reggimenti, un deposito speciale in Foligno e vari campi di concentramento alla sue dipendenze si realizzò in poche settimane. Questo strumento mirabile fu opera del Generale Graziani che ne curò anche i minimi particolari. L’occupazione del settore dell’Altissimo, il combattimento di Doss’Alto e vari altri cruenti episodi di guerra su altre fronti additarono all’ammirazione i forti reggimenti Cecoslovacchi. Il Generale Graziani era fiero della mazza di ferro che aveva forgiato per l’oppressa Patria Ceca ed il suo braccio robusto la maneggiava egregiamente. I Legionari vedevano in Lui uno dei Grandi Artefici della Patria. Instancabilmente il Generale Graziani era sempre in mezzo a loro e dove non era Lui erano i suoi Ufficiali. Allorché l’artiglieria nemica batteva più intensamente qualche tratto del settore occupato dai Reparti Legionari, Graziani ed i suoi ufficiali accorrevano per rendersi conoi di persona di quel che avveniva, cosicché quei suoi soldati, reduci dalle battaglie su fronti dei Carpazi, delle pianure Russe e delle Alpi, ammiravano in Graziani il condottiero, il novello Ziska della Patria Ceca. Venne però un giorno in cui disposizioni superiori tolsero al generale Graziani il Comando dei suoi Legionari. Fu un giorno di commozione intensa per tutti. I suoi fedeli Legionari si guardavano smarriti. Però l’abito disciplinare da Lui imposto ed il Suo saluto tagliarono netta ogni diffidenza. Ecco come il Generale Graziani si congedò dalle sue truppe. “ Ufficiali,graduati di truppa, soldati ! Nello staccarmi da voi che amo come figli, vi dico una sola parola: Siate uniti, saldamente uniti! Così sarete forti ! Pensate solo alla Patria, date tutto alla Patria ! Seguite il nuovo Comandante,Generale Piccione, che è un valoroso, seguitelo con la stessa fede ,con lo stesso animo con lo stesso affetto con cui avete seguito me. Siate fedeli all’esercito Cecoslovacco ed allo Stato Cecoslovacco, libero, unito, indipendente, forte”. F.to Il Generale A. Graziani. Giunse Vittorio Veneto che concedeva finalmente ai Legionari una Patria libera ed i loro cuori si accesero di entusiasmo e di speranze. Fu subito provveduto rapidamente alla costituzione del Corpo d’Armata Cecoslovacco d’Italia provvedendolo di armamento, equipaggiamento e servizi d’ogni genere per compiere in Patria l’occupazione della Slovacchia. Questo eroico soldato così tragicamente scomparso, abituato al comando ed all’azione, aveva un gran cuore. Di fronte al dovere non conosceva transazioni, né debolezze, né pietà. Ma non deviò mai di un palmo dalla via della giustizia, né commise arbitrii e crudeltà. Se in guerra dové punire il reo o il vile lo fece piegando il suo animo buono e dolce ad una ferrea concezione del dovere, e con lo stesso animo con cui Egli ben divideva fraternamente il rancio con i suoi soldati regalava loro la maggior parte del suo stipendio perché non mancassero mai di sigari e di vino,o perché aiutassero le loro famiglie. Godeva della più alta estimazione e di grande popolarità. Anche coloro che avevano conosciuta la sua inflessibile tenacia ne esaltavano il valore e le elette e pure doti del cuore. Era modesto e delle sua gesta non parlava mai, neppure in privato. Faceva del bene a molti ma nessuno doveva saperlo. Ci fu un periodo – uno dei tanti brutti periodi del dopo guerra – in cui Andrea Graziani non poteva andare per le strade della sua Valpolicella senza esser fatto segno a grida ostili dei contadini incoscienti, aizzati dai “rossi” o dai “ bianchi”. Ma Andrea Graziani non si turbò o sorridente intraprese quella che Egli chiamava “ la bonifica morale “dei suoi compaesani. Venne l’ondata demagogica della campagna contro la guerra e contro Graziani, che veniva additato al popolo come un carnefice, ma il Generale non volle difendersi. Aveva compiuto gloriosamente il suo dovere durante gli anni della Guerra, ne compiva un altro durissimo chiudendosi nell’intimo della sua pura coscienza e con serena semplicità continuò a dedicarsi con passione all’agricoltura. Il Fascismo lo ebbe fra i primi e più fervidi assertori – ciò era logico - . Il Fascismo rinnovava e continuava l’ideale della Patria e di giovinezza italica che egli aveva sempre tenacemente servito prima e durante la guerra col vivo entusiasmo,con la più grande fede, con inesauribile ardimento. Le camicie nere, che ben lo conoscevano come capo esperto e provato, lo vollero fra loro e Benito Mussolini,Capo del Governo, gli affidò il comando della IV Zona della M.V.S.N. dal Po al Brennero. Felice, col cappello Alpino e la camicia nera Egli riprese la sua vita di soldato e di padre. Dal Po al Brennero tutti lo conoscevano e lo amavano; perfino i nuovi citadini, che la subdola propaganda voleva nutrire di odio verso l’Italia combattente e fascista. Sulla strada del Monte Baldo, ch’Egli aveva in parte fatta costruire durante la Guerra e poi in questi ultimi anni fatta riparare e rimessa in efficienza a cura di un consorzio da Lui stesso costituito e presieduto, venne inaugurato un rifugio intitolato al Suo nome. Lungo la strada presso un grande faggio, ai piedi del quale si apre una piazzola, è appesa una targa su cui si legge. “ Faggio del Re “. Sotto quel faggio,Sua Maestà il Re trattenne il Generale Graziani ad una frugale colazione quando si recò sull’Altissimo per visitare la 6^ divisione Cecoslovacca. Dal 1919 in poi il Generale Graziani in varie occasioni si recò in Cecoslovacchia. Ebbe sempre le più vibranti entusiastiche accoglienze. La su persona era un simbolo ed infatti la stampa Ceca affermava che il Generale Graziani simboleggiava l’alleanza Cecoslovacca-Italiana sorta dai reali comuni interessi delle due nazioni e dal sangue versato insieme contro il comune e secolare nemico. Allorché, nell’aprile del 1928, il Generale Graziani, a capo della Missione militare italiana partecipò alle celebrazione del X° anniversario della firma dell’accordo concluso tra il Governo Italiano ed il Comitato Nazionale Cecoslovacco, l’entusiasmo dei cechi non aveva limiti. Il Presidente Masarik,durante il pranzo offerto al Generale Graziani ed ai suoi ufficiali, ebbe a dirgli sorridendo che in Cecoslovacchia era più popolare e conosciuto il Generale Graziani che non Lui Presidente della Repubblica. Come primeggiò in guerra, anche nelle opere civili il Generale Graziani ebbe a rifulgere. Si era dedicato al problema di bonifica per la rinascita agraria del territorio veronese donandogli l’acqua tanto necessaria. Ed alle opera di irrigazione, nella zona di sinistra Adige, Andrea Graziani dedicò lunghi studi. Quando il suo progetto fu concretato, ne fu strenuo difensore, fino a far trionfare il Consorzio di irrigazione San Massimo-Bussolengo-Castelnuovo che redime tutta una plaga, e che ha giovato non poco a lenire la disoccupazione per l’abbondante impiego di mano d’opera. Del Consorzio Egli era il Presidente, e questa opera è il più importante titolo per la gratitudine che Verona gli deve.Il Generale Graziani si occupò inoltre della utilizzazione delle acque del medio Adige; e lottò contro il progetto della loro deviazione nel Garda. Diede pure il suo contributo prezioso al progetto della grande strada che deve valorizzare la zona del Baldo; e fu uno degli apostoli della silvicoltura. In questo campo fu anzi uno dei pionieri; e si occupò della festa degli alberi, del rimboschimento della montagna, quando molti erano scettici in materia ed indifferenti. Nelle Amministrazioni civiche,nell’Ufficio di Sindaco a San Massimo all’Adige, in Commissioni e Consigli di Enti pubblici e di Società, sempre ed ovunque S.E. Andrea Graziani diede una collaborazione attiva ed intelligente. L’adempimento di quello che Egli riteneva fosse suo dovere verso la Patria non venne mai meno.” Papà Graziani” lo chiamarono e lo chiamano ancora decine di migliaia di uomini, i rudi ed i forti Legionari Cecoslovacchi d’Italia che con gli Ufficiali Italiani,da lui particolarmente prescelti sfidarono il capestro austriaco per organizzare ed essere con loro compagni di guerra e di vittoria. Il Ministro della Repubblica Cecoslovacca, S.E. Mastny, accorso a Verona con altre alte Autorità Cecoslovacche ad onorare la salma del Generale,così ebbe a dire: “ Nella Nazione cecoslovacca non vi è oggi cuore senza dolore, non vi è occhio senza lacrima”. E non era metafora perché ciò risponde sinceramente all’animo dei suoi Legionari. Il Generale Graziani per la Cecoslovacchia è degno di essere accumunato ai suoi condottieri Ziska e Podrebad. Sempre sui campi di battaglia,aveva sfidato la morte in mezzo ai suoi soldati, spesso marciando con loro all’assalto, armato come loro di moschetto. Ma la morte lo rispettò. Insidiosamente l’attese invece nel silenzio di una notte quando per un fortuito incidente Egli cadde dal treno in corsa. Non la fiorita Valsugana,né l’aspra rupe del Pasubio, né il dilaniato e rosso Carso, sotto il lacerante tormento dei proiettili, fu il letto di morte del prode Generale, ma invece una molle terra in una tacita e serena notte. La sparizione improvvisa ha avuta una singolare e strana crudeltà e nulla come il “caso” sembrava così contradditorio con la forma mirabile di quell’anima, di quella vita: la fortissima volontà. Vorrei che la magnifica figura di condottiero di Andrea Graziani fosse sempre presente nel ricordo di tutti gli Italiani e dei Cecoslovacchi , poiché tutti gli siamo debitori di ammirazione e di riconoscenza per quanto Egli fece al servizio della Patria e della Cecoslovacchia. Andrea Graziani è tra gli uomini che meritano il riconoscimento della Storia per il grande esempio da loro offerto. Egli in mezzo ai fatti nuovissimi e complicati, ebbe virtù semplici ed antiche; anzi è il contrasto che ci offre la possibilità di considerare la misura della grandezza del Generale Andrea Graziani. Infatti fu il capo ed il maestro che, pur avendo la dottrina, vuol comandare soprattutto con la forza dell’esempio e guai ad esitare. Egli non esitava mai sia nella effusione del suo grande cure, come nella durezza virile del soldato che non conosce deviazioni. Il prode Generale morì solo e privo i ogni soccorso, immerso nel suo sangue sulla scarpata del binario della ferrovia in prossimità di Prato. Se ultimi istanti di coscienza Egli ebbe, tutto il cielo stellato d’Italia, nel suo infinito, gli rammentò il suo sublime attaccamento alla Patria e le migliaia di morti accanto a Lui per la più grande Italia ed i suoi Legionari Cecoslovacchi, che finirono gloriosamente sprezzanti del capestro austriaco,gli saranno indubbiamente accanto in devoto raccoglimento mentre…il rumore del treno che si allontanava veloce nella notte sarà sembrato al suo orecchio stanco ed affievolito non uno stridere di ruote e di rotaie, ma il canto della trincea e della rivoluzione, il canto epico del suo cuore di soldato,quello della giovinezza Italica e della rinnovata Patria Cecoslovacca. Allorchè di lontano i suoi prodi e vecchi soldati d’Italia e Legionari Cecoslovacchi si recheranno ad inchinarsi sulla tomba che lo raccoglie nella semplicità del piccolo camposanto situato sul pendio del colle, di fronte alla sua casa solitaria,di Valgatara, nel silenzio della valle ricorderanno di Lui, come del più lontano avvenire, le sue epiche gesta e le parole di un proclama in cui Egli salutavae ringraziava le sue truppe vittoriose dopo l’aspra difesa del Pasubio… “ Miei soldati,vorrei potervi baciare uno ad uno…”.Quei soldati,tutti i soldati d’Italia e i loro fratelli Legionari Cecoslovacchi conviene che si inchinino un istante sulla modesta e fredda pietra che ricopre il loro Eroico Generale; pietra su cui si dovrebbero scolpire, come per il Legionario Romano, la spada e la vanga, le due armi antiche di questa sempre più grande Italia che ringiovanisce attraverso i millenni della sua civiltà.
Roma 19 dicembre 1931 – X
1) GUERRIERI Co. Agostino 1871-1877
2) TOMELLERI Eliseo 1877-1880
3) GIANFRANCESCHI Vittorio 1880-1887
4) GIANFILIPPI Guglielmo 1887-1889
5) GELMETTI dr. Marco 1889-1891
6) GIULIARI Co. Scipione 1891-1897
7) GIANFILIPPI Guglielmo 1897-1903
8) GELMETTI Geom. Giovanni 1903-1906
9) GIANFILIPPI Guglielmo 1906-1910
10) BOTTAGISIO dr. Luigi 1910-1915
11) DELAINI dr. Gaetano 1915-1920
12) KESSLER prof. Giovanni 1920-1923
13) VIVALDI cav. Felice 1924-1928
14) TORRESANI Luigi 1929-1933
15) MARZARI dr. Silvio 1933-1933
16) COLBERTALDO dr. Luigi 1934-1934
17) DELAINI Ing. Modesto 1935-1943
18) FASOLETTI Giuseppe 1943-1945
19) LENOTTI Avv. Emilio 1945-1946
20) ZAMBONI Giuseppe 1946-1948
21) ZENI Rag. Ernesto 1948-1949
22) CONTOLINI Bruno 1949-1952
23) FINCATI cav. Carlo 1952-1953
24) DELAINI dr. Carlo 1953-1959
25) VIVALDI Rag. Vincenzo 1959-1960
26) DELAINI dr. Carlo 1960-1963
27) METZLER rag. Giorgio 1963-1970
28) GALLINA prof. Armando 1970-1981
29) MESCHI Rag. Pietro 1981-1990
30) FERRARI En. Armando 1990-2004
31) MESCHI Rag. Pietro 2004-2009
32) DE BENI dr. Ivan 2009-2019
33) SABAINI dr. Lauro 2019 - 2024
Il Conte Agostino Guerrieri nasce a Verona il 30 settembre 1825 e muore il 17 luglio1893. Sina da giovanissimo è impegnato fortemente nei comitati segreti che nel 1848 iniziano il movimento di indipendenza della Patria. Viene arresto nel 1852 dagli Austriaci e condannato a dieci anni di prigione nella fortezza di Olmutz. (Cecoslovacchia già Impero Asburgico ed ora Repubblica Ceca).Graziato torna a Verona ma nel 1859 viene nuovamente catturato ed inviato insieme all’Aleardi ed al Lazzati nel carcere di Josephstadt. (Austria).A seguito del trattato di Pace stipulato a Villafranca di Verona è liberato e subito si arruola nel Reggimento Ussari di Piacenza con il quale ottiene una medaglia al valore militare per il fatto di Tremolito contro il brigantaggio nel sud Italia.Nel 1865 come Capitano lascia il servizio militare per curare le febbri malariche che da oltre tre anni lo tormentano continuamente.Il giornno successivo alla liberazione del Veneto torna in Patria ed è acclamato dai suoi concittadini che lo nominano Colonnello della Guardia Nazionale. In seguito copre varie cariche pubbliche gestendole con saggezza e rettitudine.I Registri dello Stato Civile di Bardolino che iniziano ad essere redatti nel settembre del 1871 è indicata la sua qualità di Sindaco di Bardolino.Verona pianse la morte del Patriota che sdegnando gli agi,la quiete, i facili onori,volle cimentarsi nei rischi delle sante cospirazioni e nelle battaglie per la nostra indipendenza. La Giunta Comunale di Verona, interprete dei sentimenti di tutta la cittadinanza decretò che fossero tributate, a spese del Comune, solenni e speciali onoranze al diletto e benemerito figlio. Per la grave perdita prendono il lutto le famiglie Miniscalchi Malaspina,Di Canossa,Albertini,De Medici ed altra nobiltà veronese.Bardolino gli dedicò la l’omonima piazza accanto al palazzo dei suoi avi.
Nato a Presicce (Lecce) nel 1866.Fin da ragazzo aveva rivelato una squisita sensibilità musicale e ben presto si dedicò a quest'arte.Fu compagno di studi di Umberto Giordano e di Francesco Cilea nel Conservatorio di San Pietro a Maiella di Napoli.Si diplomò e subito,a 19 anni,vinse il concorso di Direttore di Banda Militare.Gli fu affidata la direzione di quella del 45° fanteria e mantenne quest'incarico per vent'anni.Venne a Bardolino giovanissimo quando,essendo la banda del 45° di stanza a Peschiera (del Garda) vi contrasse le prime amicizie e sposò la signorina Amelia Gelmetti appartenente a una delle più stimate famiglie locali.Alla sua permnenza a Verona, dal 1889 al 1897,risalgono le sue maggiori affermazioni iniziando una fortunata carriera di direttore d'orchestra in importanti stagioni liriche al teatro Filarmonico,al Ristori e al Nuovo, conseguendo un notevole successo di pubblico e critica.Colto,dinamico,mente aperta alle innovazioni ed al progresso delle arti,fu uno degli animatori della scapigliatura intellettuale ed artistica veronese a fianco di Barbarani,Dall'Oca Bianca,Simoni,Caperle,Aymo,Vignola,Alberti ed Adami ed il suo nome ebbe vasta risonanza in campo nazionale.Nel 1908 ottenne la nomina a Direttore della Banda Cittadina di Venezia considerata la prima in Italia succedendo ad un insigne Direttore: il Calascione.A Venezia nel primo novecento diresse importanti stagioni liriche alla Fenice,al Rossini e al Malibran conquistando la stima di maggiori compositori. Fu così che il Perosi gli affidò la prima esecuzione di " Resurrezione di Lazzaro " e " Resurrezione di Cristo ". Wolf Ferrari lo prescelse per presentare all'Opera di Parigi i " Gioielli della Madonna " e Nino Catozzo lo volle per il battesimo de " I Misteri Gaudiosi ". Sempre a Venezia Carmelo Preite fu insegnante di armonia e contrappunto al "Benedetto Marcello".Quale compositore,oltre a pezzi originali e riduzioni per Banda,scrisse una "Messa da Requiem",molta musica da camera,ed alcuni Cori ispirati alla vita popolaresca veronese: "Il Muso da du Musi,I Pelaochi su testo di S. Michelini,Monte Baldo, A la Luna sui versi di Berto Barbarani A Bardolino su paroile di Vittorio Betteloni,Madonna Verona, A sera cantata a tre voci su testo di Antonio Fogazzaro. E ancora " Cinque villotte veronesi" e diversi canti popolari su motivi raccolti dalla viva voce delle vendemmiatrici nei floridi vigneti di Bardolino. Non vanno dimenticati il Coro " Il Papà del gnoco " composto per il Carnevale del 1927 e l'Inno a Verona del 1931,entrambi su versi di Berto Barbarani. Lasciata nel 1928 la Banda di Venezia il Preite fu chiamato ad altri incarichi musicali.Ma il suo pensiero ritornava, sempre più nostalgico alle rive gardesane,per cui,costruitasi a Bardolino una casetta cominciò a trascorrervi lunghi periodi.Ma non di riposo,che benchè superati i settant'anni egli appariva sempre giovane e frizzante.A ottant'anni andava ancora in bicicletta(memore di essere stato a vent'anni,un pioniere di questo sport ) ed in bicletta andava da Bardolino a Garda per educare il Gruppo Corale dei "Pescatori". Esempio di modestia,assai raro fra gli artisti, volle sparire in silenzio,quasi nascosto. Lasciò scrito:" Desidero che la mia morte non venga comunicata a nessuno se non a sepoltura avvenuta... Desidero essere trasportato a Bardolino e, nella forma più semplice e più breve,essere sepolto nel Camposanto comune,in piena terra ma quanto più possibile vicino alla tomba della mia Amelia. Unico segno esteriore sia una Croce in marmo rosso di Verona. Nessuna icrizione,nessun titolo,nessun disegno. Solo il mio nome e cognome ai piedi della croce....Quel poco che lascio come musica non ha valore.Io ne farei un falò.Non voglio che nessuno vi metta mano.Alla sua morte avventa il 27 marzo 1952 a Milano l'amico Renato Simoni in una lettera alla famiglia così si esprimeva:"Il Maestro Preite è legato per me ai dolci incanti della giovinezza.Ricordo la sua bontà,la sua viva atività,le melodie con le quali accompagnò i versi di Barbarani". Note ricevute, brevi manu, dalla figlia del Maestro sig.ra Anna Preite e che ci sentiamo onorati di avere personalmente conosciuto. P.S. La sepoltura nel Cimitero di Bardolino è stata rispettata secondo le sopra indicate volontà e la tomba si trova a destra della Chiesetta del Cimitero, in piena terra.
Mi son nato Prete e i altri i ghé diventé
El fiol de la Preta
En banca l’è sta brao e..questa ghe la dao. Diretor! e na bela oss g'avea che fin en Brà i le sentea. A Bardolì i l’à fat Podestà; ma l'è stà come n'a tompestà strade strete e loti grandi e...camiglioni che i è nefandi. Lu el seita a osar drente e fora da ogni bar. A la Stasiò no i le vol miga parché a carte l’osa e-l siga: E-l Santo Prete co ‘na pesatà. Dal ricovero el la smamà… Ades t’el cate che 'l controlaSentà zò al bar del Viola. Dai Molini de Bardolì
21 maggio 26.05.2013
Caro Giorgio te sé che scherso; ma te voi tanto beè parché mi so en PRETE VERO.
Ciao Millo (Viola)
Parole dedicate a Giorgio Metzler,della famiglia dei Preti, Sindaco (poeticamente Podestà) di Bardolino negli anni ’60
Attenzione: famiglia di Preti ma non di Sacerdoti. Anzi !‘na olta gh’era el Rico Prete, el Gusto Prete, la Maria Preta, la Lisa Preta, el Piero Prete, la Lena Preta, el Gino Prete,el Mario Prete, la Silvia Preta, el Toni Prete, el Bepi Prete. Adess gh’è el Milo Prete, el Giorgio Prete, el Bruno Prete, l’Alfonsina Preta, la Gabriella Preta, el Severino Prete, el Toni Prete, laTina Preta, la Gina Preta, la Ginetta Preta, Toni (Gaetano) Prete, el Piero(dotor) Prete, la Lisa Preta.